Psicoacustica e digitalizzazione

Come si è cercato di controllare e manipolare le persone attraverso il suono? - è il tema di un libro che analizza la psicoacustica. L'altro libro presentato, un saggio filosofico e sociologico, è dedicato al cambiamento dei paradigmi della musica nell'era digitale.

Estratto dalla copertina del libro di Juliette Volcler

Employer le son à des fins de contrôle de la réponse émotionnelle d’un public se trouvait au centre des préoccupations d’Harold Burris-Meyer, pionnier du comportementalisme sonore et acoustique. Ignoré du grand public, il a mené, entre bien d’autres activités, une carrière protéiforme d’ingénieur, de consultant des laboratoires Bell, de collaborateur et vice-président de la fabrique de musique d’ambiance Muzak, de professeur d’université, de directeur de théâtre ; il a également travaillé pour l’armée américaine (création de leurres sonores destinés à tromper les armées ennemies) et pour la CIA, écrit des ouvrages fondamentaux sur la mise en scène ainsi que sur l’acoustique et l’architecture des théâtres et auditoriums. Fil conducteur du livre de Juliette Volcler, ses activités sont prétexte à une véritable enquête, exposée avec un excellent sens de la narration et non sans humour, qui nous emmène au cœur des développements technologiques de la diffusion sonore, mais aussi des tentatives de manipulation des consciences par le biais d’effets phoniques entraînant des réactions physiologiques ou psychiques. Débutant ses recherches au théâtre, Burris-Meyer poursuivit ses investigations dans le cadre de la musique d’ambiance : cette sorte de lavage de cerveau, violant le droit au silence et visant à empêcher de penser de manière autonome, devait d’abord permettre d’accroître la productivité des employés des grandes usines sans avoir à améliorer leurs conditions de travail. Elle s’insinue depuis partout, en particulier dans les incitations au consumérisme.Image

Digitalizzazione della musica

In un saggio tradotto di recente, il filosofo Harry Lehmann affronta questioni che hanno suscitato dibattito, e persino scandalo, nell'avanguardia musicale conservatrice tedesca. In esso analizza la dipendenza di una parte della musica contemporanea dalle istituzioni e i suoi corollari (formattazione, esclusione di compositori "non standard"), nonché le possibili ripercussioni della digitalizzazione della musica per i compositori, gli editori, gli esecutori, gli insegnanti e gli ascoltatori, e per le opere stesse. La tesi dell'autore è che le recenti possibilità digitali offrono nuove prospettive per la produzione e la distribuzione (a cui prima solo il quadro istituzionale dava accesso). Ad esempio, è ora possibile produrre le proprie partiture senza passare attraverso gli editori, che stanno gradualmente perdendo le loro funzioni tradizionali; il MAO e il campionamento e la distribuzione via web stanno fornendo alternative ai compositori indipendenti o con orientamenti stilistici diversi. La musica contemporanea "istituzionale" viene così, volente o nolente, messa in discussione e costretta a posizionarsi di fronte alle nuove sfide dell'era digitale. L'autore apre una serie di piste di riflessione in questo senso, ma nonostante l'entusiasmo per queste nuove prospettive, non possiamo fare a meno di pensare alle possibili ripercussioni negative, come i costi sociali e la sensazione di disumanizzazione quando la colonna sonora di un film non è più registrata da un'orchestra, ma "suonata" con banche di suoni computerizzate. Comporre solo campionando i suoni può anche escludere il proficuo scambio tra compositori ed esecutori. Al contrario, le virtualità come gli strumenti tradizionali con tessiture aumentate di diverse ottave, gli strumenti ibridi, i suoni completamente nuovi e i tempi sovrumani, ampliano il campo delle possibilità per i creatori. Inoltre, l'economia digitale consente l'emergere di un mercato di nicchia (in cui le nozioni di stoccaggio o di redditività non valgono più) e, di conseguenza, la diffusione di opere raramente ascoltate. In definitiva, il risultato potrebbe essere la casualizzazione delle carriere, in un mercato saturato da una moltitudine di compositori la cui selezione potrebbe essere effettuata, secondo l'autore, da critici musicali indipendenti piuttosto che dalla cooptazione, che troppo spesso standardizza l'estetica.

Au-delà de ses affirmations quelquefois bien péremptoires et d’un champ de vision qui semble pour le moins restreint, on peut reprocher à Harry Lehmann un manque de distance critique face à son propre optimisme quant aux effets futurs de la technologie digitale, énième avatar de la croyance en un Progrès salvateur et en un sens de l’histoire. Une partie de la seconde moitié de cet essai, qui se préoccupe plus des problèmes esthétiques propres à la musique contemporaine allemande, intéressera peut-être moins les lecteurs francophones. Cependant, le mérite principal de ce livre est de nous forcer à nous interroger sur les changements de paradigmes induits par l’omniprésence, quoique dématérialisée, de la technologie numérique dans un monde où ce qui n’est pas « en ligne » semble ne plus exister.Image

Juliette Volcler : Contrôle. Comment s’inventa l’art de la manipulation sonore, 160 p., € 14.00, Editions la découverte, Paris 2017, ISBN 978270719013

Harry Lehmann: La Révolution digitale dans la musique, 224 p., € 15,00, Editions Allia, Paris 2017, ISBN 979-10-304-0696-2

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