Sonata per pianoforte n. 29

Ogni venerdì, Beethoven è qui. In occasione del 250° anniversario della nascita di Beethoven, ogni settimana la Rivista Svizzera di Musica analizzerà un'opera diversa del suo catalogo. Oggi è la volta della sonata nota come "Hammerklavier".

Estratto da un ritratto di Beethoven di Joseph Karl Stieler, 1820 ca.

"Hammerklavier", la parola tedesca per fortepiano, sembra oggi un po' ridondante per descrivere questa sonata. Per quale altro strumento potrebbe essere stata scritta tra il 1817 e il 1818? La spiegazione si trova nel frontespizio della prima edizione pubblicata a Vienna nel 1819, in cui Beethoven dichiara di aver voluto abbandonare l'antica tradizione di nominare gli strumenti in italiano: "... che in tutte le nostre opere i cui titoli sono in tedesco, si indichi l'Hammerklavier invece del piano-forte". I posteri non si accorsero, o non vollero ricordare, che la Sonata in la maggiore op. 101, pubblicata due anni prima, aveva già questo stesso sottotitolo. Ma forse è anche per rispetto a questo pezzo da antologia, a lungo considerato inascoltabile per le sue esigenze tecniche e la sua lunghezza, che gli è stato riservato l'impressionante appellativo di Hammerklavier. Daniel Barenboim ha osservato che la sonata "non sarà più facile da suonare se non la suoniamo".

Questo rispetto deriva in parte anche da un fraintendimento dell'indicazione metronomica del primo movimento: 138 al minimo. (Una registrazione del 1935 di Artur Schnabel ne dimostra l'assurdità e la nuova edizione Wiener Urtext della partitura contiene chiarimenti di Johann Sonnleitner che vale la pena leggere). Franz Liszt non seguì questa indicazione, poiché supponeva che l'esecuzione dell'intera sonata sarebbe "durata quasi un'ora" - si noti che la ponderata versione di Glenn Gould dura quasi 50 minuti. Beethoven intendeva certamente sottolineare fin dall'inizio il carattere monumentale senza precedenti della sua sonata creando un'opera così lunga: "Sto scrivendo quella che sarà la più grande delle mie sonate", avrebbe detto al suo allievo Carl Czerny.

Il fatto che fosse molto più grande di quanto lo strumento potesse gestire spinse Felix Weingartner a scriverne una versione per orchestra completa nel 1925-1926.


La nuova edizione Wiener Urtext di cui sopra porta il numero UT 50432. Recensione in tedesco di Karl-Andreas Kolly nella Revue musicale suisse.


Aufnahme auf idagio


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