Fantasia per pianoforte
Ogni venerdì, Beethoven è qui. In occasione del 250° anniversario della nascita di Beethoven, ogni settimana la Rivista Svizzera di Musica analizzerà un'opera diversa del suo catalogo. Oggi è la volta della Fantasia per pianoforte in sol minore.
Solo molto raramente (quasi mai, in realtà) un pianista osa ancora improvvisare una di quelle cadenze tanto richieste nei concerti per pianoforte e orchestra creati nell'Ottocento, quando l'orchestra taceva in un accordo di quarte e seste. Quest'arte, all'epoca scontata, in cui ci si divertiva a lasciarsi andare a motivi, temi e chiavi, è stata dimenticata in appena due o tre generazioni. D'altra parte, sono state create cadenze già pronte, che potevano essere semplicemente scelte e riprodotte. Già Beethoven le annotava su richiesta; in seguito, anche pianisti e compositori famosi iniziarono a farlo: Brahms, Bülow, Busoni, Fauré, Godowsky, Liszt, Medtner, Moscheles, Reinecke, Rubinstein, Saint-Saëns, Clara Schumann, solo per citarne alcuni.
È questo antico spirito di improvvisazione che si esprime anche nella Fantasia op. 77 - anche se i musicologi hanno spesso cercato di trovare riferimenti nei minimi dettagli per difendere il compositore in quest'opera piuttosto impopolare. Beethoven non fu solo un compositore illuminato, ma anche (come spesso si dimentica) un pianista, e per la maggior parte della sua vita. Carl Czerny, nel suo Arte del racconto (Arte dell'interpretazione) nel 1842 vi fa esplicito riferimento: "Questa intelligente fantasia dà un'immagine fedele del modo in cui egli [Beethoven] improvvisava quando non voleva affrontare un tema specifico: lasciava che il suo genio inventasse motivi sempre nuovi". Ciò non contraddice il fatto che quest'opera sia stata preceduta da schizzi e che il suo manoscritto sia redatto nella più bella grafia: ogni buona improvvisazione (anche nel jazz) si basa su una forma, sia essa scritta o solo mentalmente immaginata. Ma se teniamo conto del contesto musicale del 1809, l'opera 77 di Beethoven sembra essere all'altezza dell'epoca, combinando la libera immaginazione con una breve serie di variazioni (figurative). Lo nota anche Czerny nel suo Guida alla creazione di fantasie (Guide de la fantaisie, 1829) in cui raccomanda di allungare le improvvisazioni, aggiungendo che è opportuno "invocare il tema che seguirà facendo un'introduzione appropriata ad esso". Molte opere di altri compositori, ormai dimenticate, si basavano su questa struttura (Hummel, Steibelt...). Con Beethoven, tuttavia, e come spesso accade con lui, la fantasia (anche se stampata) rimane unica.
Aufnahme auf idagio
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